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al testo di Luca Tegoni
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Quando vedo le teste calve e ancor di più il colore bianco dei capelli vecchi resistenti al tempo che passa dei miei compagni di giochi, poi amici, oppure di quelli più grandi che facevano cose che forse, dopo qualche tempo, avremmo fatto anche noi,
allora mi guardo intorno e mi trovo in piazza nella solita piazza della mia città disprezzata, sconsiderata, sopportata e milioni di capelli dopo ancora lì ed io con lei forse un po' più compresa ad attendere che m'accolga, dopo tutto questo tempo in fuga e poi di ritorno.
Le vetrine coi nomi che cambiano, ma non tutti, ed è lì che si capisce quanto tempo sia passato, riflettono la mia immagine che continuo a riconoscere sempre fuori posto sempre casuale sempre come se non dovesse essere riflessa.
Paurosamente o timidamente distolgo lo sguardo come se non fossi li a due passi dai portici, oggi del grano ieri, quando volevo andarmene, del comune. Invecchiano anche i nomi per tornare importanti per avere un'identità o un'origine, una esclusiva esistenza che si crede comunità.
Poi come sempre mi accade per trovare la bellezza che mi rasserena e aggiunge un po' di felicità alla mia giornata, qualche cosa che assomiglia all'amore, raggiungo il lungo torrente e lo percorro dal Ponte di Mezzo verso il Ponte Italia.
Verso sera le luci del tramonto sovrastano i caseggiati e poi si incastrano tra di essi creando ombre e riflessi che si immergono nell'acqua che scorre, quando scorre, della Parma. Poi ritorno per cambiare la prospettiva e i colori più pieni e quasi maturi che da Ovest raggiungono la città a poco a poco si spengono dietro le case dell'Oltretorrente.
Al Ponte di mezzo resto sulla Via Emilia, chiusa la città tra San Pancrazio e San Prospero, accarezzo i capelli che sopravvivono e mi chiedo che cosa ci faccio qui nonostante il torrente la luce radente che abbaglia via D'Azeglio, le biciclette che arrancano per passare sul ponte, i fili dei filobus, i ragazzi che scherzano e bestemmiano e ancora non sanno che tra cinquant'anni saranno ancora qui a camminare per questa città eterna che profuma di nebbia quando fa freddo che profuma di sisso quando fa caldo senza nemmeno guardarla per capire che ne è stato del loro futuro. |
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